«Cercavo gli zii, ho trovato 11 mila caduti vicentini e li ho trascritti tutti»
di Nicoletta Martelletto
“Vicenza in guerra” di Fabrizio Scabio restituisce una identità a militari e civili tra il 1935 e il 1945
Un lavoro titanico “Vicenza in guerra”. Ci sono voluti 10 anni ma ora l’elenco completo dei caduti vicentini, civili e militari, dal 1935 (le guerre coloniali) al 1945 (la fine del Secondo conflitto mondiale) è completo. Potrà aiutare molti a collocare nel tempo i propri avi inghiottiti nel nulla, in una tomba dimenticata, in una generico “vittima di guerra”.
Dagli archivi
Ad aver compiuto questa ricerca che nessuno aveva tentato prima, trasversale ai corpi di appartenenza e ai luoghi di bellici o di sterminio, è Fabrizio Scabio, docente alle superiori, al Pasini di Schio, che si occupa anche di sociologia e criminologia. Appassionato di ricerche storiche, si è avventurato in una impresa partendo nell’agosto 2015 dall’Archivio di Stato di Vicenza dove scartabellava per trovare notizie sugli zii, Alfredo della Régia Marina deceduto nel Mediterraneo e Marcello morto in Russia. «Parlando con alcuni ricercatori sul posto capii che per dare un luogo fisico di appartenenza allo zio caduto genericamente in Russia come mi riferivano i nonni - spiega il professore Scabio - avrei dovuto incrociare molte fonti. Moltissime fonti. Oggi posso dire che niente più mi spaventa dopo aver avuto tra le mani 516.000 fogli dei ruoli matricolari tra il 1890 e il 1928, comparandoli poi con le liste di leva degli stessi anni».
I fogli matricolari
Dal foglio matricolare dello zio Marcello scoprì che era un geniere Trt e mise insieme altre informazioni: trasferitele ai parenti, iniziò una discussione. «Ci chiedemmo insieme quante famiglie avrebbero voluto sapere notizie più precise dei caduti al fronte o anche dei morti civili e nacque così l’idea di un libro che potesse dare risposte a quanti non avevano ancora identità. I miei fogli Excel cominciarono a riempirsi di nomi e cognomi, di generalità dei genitori, di città e cimiteri. Da solo - spiega l’autore - non ce l’avrei mai fatta, me ne resi conto dopo pochi mesi. Coinvolsi un amico, Nicolò Dal Grande, e insieme passavano i sabati a trascrivere dati. Coinvolsi altri collaboratori, ma ci sembrava un progetto senza fine».
I dati persi
Nel 2019 l’incidente: il computer di Scabio dà forfait e non c’è modo di recuperare i dati. Tre anni e mezzo di lavoro buttati. La ricerca si arena, poi una funzionaria dell’Archivio di Stato contatta Scabio per avere informazioni sui caduti in Africa e da lì riparte, con i consigli di studiosi e ricercatori, l’indagine per dare un nome, un reggimento e un luogo di morte ad una infinità di uomini e donne che persero la vita tra il 1940 e il 1945, ma anche ai caduti dal 1935 sui fronti di Albania, Grecia, Russia, Africa settentrionale e orientale, ai caduti dell’aeronautica e della marina, ai caduti nei campi di lavoro e di sterminio in Germania, Polonia e Cecoslovacchia.
Alla fine sono oltre 11 mila nomi
«Spero siano tutti corretti, perché oltre a 64 database mondiali che sono stati una fonte primaria, ho letto migliaia di fogli scritti a mano, con nomi spesso storpiati, cognomi che non corrispondevano nelle anagrafi. Dal ministero della Difesa francese ho avuto anche i partigiani vicentini che hanno combattuto e sono deceduti in Francia, con Dueville che diventava Deauville o San Vito che era scritto Sanvìt».
Le curiosità
Tra le tante curiosità emerse, i caduti vicentini nella guerra di Spagna, i soldati partiti volontari per le guerre coloniali in Libia, Eritrea, Somalia, Etiopia; c’è un nuovo aggiornamento sui caduti nel bombardamenti civili a Vicenza che salgono a 712, l’elenco dei morti della Resistenza vicentina ma anche quello dei morti fascisti o presunti tali.
«Credo che molti comuni, se vorranno, potranno aggiornare i loro elenchi e anche i tanti monumenti ai caduti che sono nelle piazze - osserva Scabio - Ma il mio obiettivo ultimo era dare uno strumento a tante famiglie vicentine per conoscere le sorti dei parenti di cui genericamente spesso si parla come “morto in guerra” senza sapere né dove né come».
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